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Esercizi di stile LE INTRUSIONI DELL’AUTORE |
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Autore e narratore non sono la stessa cosa e non vanno
confusi tra loro. Il narratore, a cui l’autore affida il compito di raccontare la vicenda, può essere un personaggio interno o una voce narrante esterna: nell’uno o nell’altro caso l’autore è libero di immedesimarsi o meno con essi. Nel romanzo moderno, l’autore tende a rendere del tutto invisibile la sua presenza. Non compaiono tra le righe suoi commenti, giudizi sul comportamento dei personaggi, e tutto lo spazio è lasciato alla storia. L’autore vuole farvi immergere a tal punto nel romanzo da “dimenticare” – almeno durante la lettura – il suo nome scritto in copertina. Questa naturalmente non è una regola: le intrusioni dell’autore all’interno del romanzo (metadiegesi) per commentare, criticare, o addirittura per appellarsi ai lettori, hanno una notevole storia letteraria, e sono state sovente utilizzate in senso espressivo, soprattutto nella letteratura del passato. Ecco un passo di sublime ironia tratto dal Capitan Fracassa di Théophile Gautier:
Molte spesso, tuttavia, le intrusioni dell’autore non sono dovute a una
scelta precisa, ma a una goffaggine da parte dello scrittore. Sembra
un’ovvietà, eppure il non saper padroneggiare in modo rigoroso e
coerente la voce narrante, distinguendola dalla propria, rischia di
compromettere il risultato di una buona idea di partenza e di tanto
lavoro.
In questo passo, l’autore compie due ingenuità:
Ma allora l’autore non ha diritto di esprimere le proprie opinioni? Certo che sì. Ma con coerenza nell’ambito della materia narrativa. Anche i giudizi del narratore – se non filtrati attraverso le parole, i pensieri e le opinioni dei suoi personaggi – rischiano di risultare invadenti. Serviamoci ancora una volta di alcuni esempi tratti dalla stessa opera:
In tutti e tre gli esempi viene dato un giudizio della voce narrante (o per meglio dire, dell’autore). Ragioniamoci su: se uno scrittore è davvero efficace nel trasmettere quel che pensa, anche a livello di giudizi etici, ci riesce con classe, lasciandolo intuire tra le righe, e mai esplicitandolo. E poi ricordiamo il diritto del lettore, che è quello di trarre da sé le conclusioni su quanto sta leggendo. Questo diritto va assolutamente rispettato. Entrando nello specifico, il primo esempio potrebbe funzionare se, dopo “tanto deprecabile” venisse aggiunto “ai suoi occhi”: si tratta sempre di mantenere saldo il punto di vista del personaggio, senza lasciar trasparire commenti o opinioni esterne. Nel caso del secondo esempio, invece, nulla è salvabile. Il giudizio dell’autore è drastico e decisamente insopportabile. Si potrebbe cambiare il finale come segue: “Al diavolo la salute e la linea!”, commento che ben esprime lo stato d’animo di La Felpa, ottenendo in tal modo di restare fedeli al punto di vista del protagonista. Nel terzo esempio, oltre ai difetti comuni ai primi due, si aggiunge
la paternale dell’autore, che cerca di fare lo spiritoso senza riuscirci
e nel contempo inimicandosi tutti i lettori animalisti.
Nel primo caso, l’inciso che all’autore sembra tanto simpatico, ha il solo effetto di irritare il lettore. Ma, essendo breve, forse potrà perdonarlo. Nel secondo caso l’autore utilizza la sua ingerenza per decretare la presunta efficacia della sua battuta. Perché lo fa? Forse teme che non venga capita? Il punto è questo: se la battuta facesse ridere, va da sé che i lettori riderebbero, ma se non lo è che senso ha forzare le cose? Nel terzo caso l’autore loda se stesso senza ritegno, e il fatto che
metta gli elogi in bocca ai suoi personaggi non cambia le cose. Al
contrario, questo è il momento esatto in cui un lettore si ricorda il
nome scritto in copertina e inizia a detestarlo: la mancanza di umiltà è
un difetto che raramente viene perdonato.
Naturalmente questi sono consigli, non regole, e ogni autore può decidere di dare un taglio personale alla sua opera, anche rompendo con gli schemi. Bisogna però tenere conto che le audacie stilistiche richiedono una coscienza letteraria adeguata e che non sempre l’originalità si distingue dall’ingenuità. Un editore che, ricevendo il vostro manoscritto, vi trovasse slittamenti non giustificati dell’io narrante e goffe intromissioni della voce dell’autore, sarebbe sicuramente molto più severo nel giudicarlo. |
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